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25/04/24

Manuele Cerutti alla Collezione Maramotti


Manuele Cerutti QUEM GENUIT ADORAVIT veduta di mostra / exhibition view Collezione Maramotti, Reggio Emilia Ph. Roberto Marossi  


La intensa pittura di Manuele Cerutti, arriva alla Pattern Room della Collezione Maramotti  col progetto QUEM GENUIT ADORAVIT, un nuovo corpus di dipinti e opere su carta specificamente sviluppato in una dimensione progettuale originale.

Partendo da esperienze autobiografiche semplici quanto intense – la propria paternità e i primi anni di vita del figlio – Cerutti si è focalizzato sulla creazione di un’entità destinata ad assumere, inaspettatamente, sembianze infantili: una creazione inconsapevole, quasi involontaria, che attinge largamente al vissuto vegetativo delle piante e, nella tradizione alchemica, dei minerali.

Per anni l’artista ha infuso forma pittorica e presenza performativa a oggetti comuni – a volte mutili o frammentari, sempre privati della loro funzione primaria – che popolano il suo studio: una vecchia caffettiera, tubi e bastoni ritorti, scarti di plastica, ossi di pollo, sgabelli, palette, secchi e vasi multiformi divengono protagonisti di nature vive in cui i dettagli del quotidiano, attraverso nuove composizioni, si fanno interpreti di un tempo sospeso, originario, a tratti sacrale.

Manuele Cerutti QUEM GENUIT ADORAVIT veduta di mostra / exhibition view Collezione Maramotti, Reggio Emilia Ph. Roberto Marossi  


Tema iconografico ricorrente della nuova mostra è un telo per pacciamatura di plastica nera annodato intorno alla gamba dell’attante umano raffigurato nelle opere. Naturale estensione del suo corpo, questo involucro rimanda alla tecnica della margotta, che consente di ottenere nuove piante inducendo la nascita di radici a partire da un punto del fusto o di un ramo della pianta madre.

Questo metodo di riproduzione agamica, che avviene cioè mediante separazione di una parte qualsiasi del corpo dell'individuo genitore, si lega per consonanza all’esplorazione allegorica e mitologica dell’artista sulla partenogenesi, un tipo di riproduzione in cui la cellula-uovo è slegata dall’atto fecondativo.


Manuele Cerutti QUEM GENUIT ADORAVIT veduta di mostra / exhibition view Collezione Maramotti, Reggio Emilia Ph. Roberto Marossi  


Sullo sfondo della memoria di nascite straordinarie, al limite mostruose, nella mitologia antica, l’individuo al centro del racconto-per-immagini di Cerutti porta su di sé le sembianze dell’artista che, sottoposte a un costante processo di verifica e di moltiplicazione, debordano in soggetto universale.

Il soggetto di queste opere è afflitto da un’inestinguibile ferita alla gamba: una parte di sé che delicatamente avvolge con il telo, una ferita feconda di cui si prende costante cura, un’inaspettata materia germinativa che si dà come insorgenza di altre vite e direzioni. Questa figura archetipica sfugge alla definizione di eroe contemporaneo. Essa incarna piuttosto una difformità rispetto al canone, un’interruzione dello sviluppo lineare, suggerendo un sentimento di inadeguatezza e di fragilità. Elemento fuori equilibrio – spesso inserito e sospeso in rappresentazioni tanto articolate e dettagliate da apparire reali –, egli tenta, attraverso una serie di azioni, di assimilare la forma di conoscenza del bambino, riconoscendo nel movimento e nel procedere asimmetrico una via di possibilità.

Il territorio in cui si muove, oltre l’interno dello studio, è il paesaggio ai margini di Torino, quei luoghi familiari all’artista percorsi dall’entropia in cui la città inizia a ibridarsi con la campagna, dove i fiumi scorrono sotto ai cavalcavia, le rovine industriali si mischiano alle terre incolte e un sottopasso di cemento può magicamente trasformarsi in un monumentale portale atterrato da un racconto di fantascienza.

Ma il territorio di esplorazione è per Cerutti, in primo luogo, la pittura stessa, che egli definisce “impronta continua del fare”.

Che sia il soggetto a convocare la propria nitida apparizione sulla tela o il processo pittorico, con i suoi strati, le velature e le cancellazioni, a dare passo e sostegno alla composizione, la ininterrotta ricerca nel linguaggio pittorico riecheggia nell’andare del protagonista di queste opere, tra partecipazione e distacco, meriti e colpe, tentativi di recupero e rinunce: verso l’emergere di un attaccamento inesprimibile (a cui fa riferimento il titolo della mostra, “Adorò colui che generò”), è possibile inciampare nello stupore, creando nuove relazioni con il proprio stare nel mondo.

In occasione della mostra sarà realizzato un libro con contributi del sociologo Gian Antonio Gilli, del poeta e scrittore Valerio Magrelli e di Elena Volpato, curatrice e conservatrice presso la GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
 

Manuele Cerutti QUEM GENUIT ADORAVIT veduta di mostra / exhibition view Collezione Maramotti, Reggio Emilia Ph. Roberto Marossi  


10 marzo - 28 luglio 2024
Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.
Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30
Sabato e domenica 10.30 – 18.30
Chiuso: 25 aprile, 1° maggio

24/04/24

Time Horizon di Gormley

 


Presso Houghton Hall un grande intervento di Antony Gormley dal titolo  "Time Horizon" che  distribuisce 100 sculture a grandezza naturale su 300 acri del parco. Le sculture in ghisa, ciascuna del peso di 620 kg e alta in media 191 cm, sono installate allo stesso livello di riferimento per creare un unico piano orizzontale attraverso il paesaggio. 



Alcune opere sono sepolte, lasciando visibile solo una parte della testa, mentre altre sono sepolte fino al petto o alle ginocchia a seconda della topografia. Solo occasionalmente si appoggiano sulla superficie esistente. Circa un quarto delle opere sono collocate su colonne di cemento che variano da pochi centimetri di altezza fino a quattro metri da terra.




23/04/24

La meta pittura di Kimsooja

 

La sede di New York della galleria Tanya Bonakdar presenta la prima mostra personale di Kimsooja. Una mostra antologica che però presenta anche la recente serie di meta pittura. 

Dall'inizio degli anni '80, l'artista concettuale coreana Kimsooja ha utilizzato performance, film, fotografia, scultura e installazioni site-specific per meditare poeticamente sulla nozione di pittura attraverso il linguaggio delle tradizioni culturali della sua terra natale, nonché sulla condizione umana attraverso i principi del “non fare” e del “non fare”. Questa mostra presenta esempi tratti da diversi importanti lavori, tra cui  To Breathe  (2003-2024);  Bottari  (1992-2024 ); Oggetto deduttivo  (1990-2024); e  Meta-Pittura  (2019-2024). 

Il bottari, un tradizionale fagotto coreano utilizzato per avvolgere e proteggere gli effetti personali, è diventato una forma centrale, sia fisicamente che concettualmente, nella pratica di Kimsooja. Rappresentativo di appartenenze essenziali e di uno stile di vita nomade, il bottari è anche metafora per riferirsi al concetto universale di patria e migrazione, ma anche a uno stato transitorio. 


Estendendo il concetto di bottari all'esterno e all'interno della galleria, un'iterazione in due parti di  To Breathe  avvolge lo spazio della galleria in varie forme di luce, offrendo un'esperienza trasformativa e una meditazione sulla pittura che incarna l'interesse duraturo dell'artista per il dualismo della vita. e arte. Quando la luce entra attraverso le finestre della galleria, viene rifratta da una speciale pellicola che trasforma la luce naturale in paesaggi iridescenti che cambiano durante il giorno. Nello spazio espositivo principale, una piattaforma a specchio piega l'architettura della galleria e offre allo spettatore la possibilità di interagire più profondamente con l'ambiente circostante, dando loro spazio per la riflessione e la contemplazione. Al centro della piattaforma, la luce viene proiettata dall'alto, creando un quadro fluttuante di colori che progredisce lentamente attraverso lo spettro visibile. Dipingendo con la luce, Kimsooja espande la nozione tradizionale di pittura, trasformando la superficie in un campo di colore in continua evoluzione. 







22/04/24

A tavola con Amy Bravo



La galleria Semiose, situata in 44, rue Quincampoix nel cuore di Parigi, ci invita alla tavola di Amy Bravo dove poter sostare e immergersi in un percorso di intimità e dubbi che l'artista propone narrandoci del suo vissuto culturale ed interiore. 



21/04/24

Prossimamente Salvo...

 

Ritratto Salvo, credits Paolo Pellion di Persano

In occasione della stagione espositiva autunnale Pinacoteca Agnelli presenterà Arrivare in Tempo, la più grande mostra postuma dedicata all’artista Salvo (Leonforte 1947 – Torino 2015), da venerdì 1 novembre 2024 a domenica 25 maggio 2025 negli spazi museali torinesi.

La mostra proporrà un percorso attraverso l’opera di Salvo, evidenziando come la sua pittura - nei grandi cicli tematici ripetuti, nell’attenzione verso i temi della storia dell’arte e nello studio della luce - sia sempre stata in continuità con le sue prime ricerche concettuali.

Arrivare in tempo sarà la più grande mostra dedicata all’opera di Salvo dopo la sua morte nel 2015. Nato in Sicilia, dal 1956 Salvo ha vissuto a Torino, dove dapprima si è avvicinato all’Arte Povera e ai linguaggi dell’arte concettuale, per poi dedicarsi dal 1973 esclusivamente alla pittura, scelta anticonvenzionale per il clima culturale di inizio anni Settanta. Controcorrente anche nel panorama italiano, Salvo ha portato avanti per quarant’anni una ricerca e una riflessione critica uniche nei confronti del medium pittorico. La mostra retrospettiva a lui dedicata metterà in luce questa traiettoria assolutamente originale, sottolineando con uno sguardo inedito come la pittura di Salvo non sia in contrapposizione con il suo primo periodo concettuale, ma ne assorba caratteristiche e intenzioni, inserendosi coerentemente nel suo percorso artistico. 

Realizzata in stretta collaborazione con l’Archivio Salvo, la mostra sarà focalizzata su alcuni dei motivi fondamentali della ricerca dell’artista: il concetto di ripetizione nell’esplorazione di motivi ricorrenti, inteso sia come tecnica pittorica sia come urgenza concettuale; la riflessione sulla pittura come linguaggio e sul linguaggio come arte; il rapporto tra storia dell’arte e sguardo sulla quotidianità. 

Salvo, uno degli artisti pionieri del secondo Novecento italiano, si è posto in modo indipendente rispetto a correnti e tendenze, mantenendo sempre un’attenzione particolare per i soggetti e i linguaggi della storia dell’arte. In virtù di questo rapporto privilegiato, la sua mostra monografica in Pinacoteca si estenderà per la prima volta oltre gli spazi espositivi del terzo piano, dialogando con la collezione permanente all’interno dello Scrigno. Il progetto occuperà anche una sala al secondo piano del museo, in un ambizioso progetto espositivo che investirà tutta la Pinacoteca.

La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione dedicata, concepita per aprire la lettura critica del lavoro di Salvo a un pubblico internazionale.


BIOGRAFIA ARTISTA

Nato nel 1947 a Leonforte in provincia di Enna (Sicilia), Salvo si trasferisce nel 1956 a Torino dove in un primo periodo matura una ricerca concettuale, grazie ai contatti con figure che operano all’interno dell’Arte Povera e ad artisti come Sol LeWitt, Robert Barry e Joseph Kosuth. Il 1973 è l’anno del ritorno alla pittura, una pittura già praticata nei primi anni di formazione e che, all’inizio degli anni Settanta, era da considerarsi come una scelta anticonvenzionale, fuori tempo. I temi centrali della sua ricerca come il rapporto con la tradizione e il passato, la rivisitazione della storia dell’arte si esprimono in maniera più solida in questo secondo momento che durerà fino al 2015.

Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali in istituzioni come: Museum Folkwang, Essen e Mannheimer Kunstverein, 1977; Kunstmuseum, Lucerna, 1983; Museo Boymans-van Beuningen, Rotterdam e Musée d'Art Contemporain, Nîmes, 1988; Villa delle Rose, Bologna, 1998; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, 2002; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, 2007; Museo d’Arte della Svizzera Italiana di Lugano, 2017 e MACRO, Roma, 2021. 

20/04/24

Pino Pascali alla Fondazione Prada di Milano

 Immagine della mostra “Pino Pascali” Fondazione Prada, MilanoFoto: Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada

 Molto bello l'omaggio che la Fondazione Prada fa allo storico lavoro di Pino Pascali, visibile fino al 23 Settembre negli spazi milanesi.


 Immagine della mostra “Pino Pascali” Fondazione Prada, MilanoFoto: Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada

Il progetto è curato da Mark Godfrey, l'esposizione si divide in quattro sezioni, ciascuna delle quali propone una precisa prospettiva sulla produzione di Pascali, e si sviluppa in tre edifici della sede di Milano: il Podium, la galleria Nord e la galleria Sud. Concepito da 2x4, il percorso allestitivo include quarantanove opere di Pino Pascali provenienti da musei italiani e internazionali e da prestigiose collezioni private; nove lavori di artisti del secondo dopoguerra; una selezione di fotografie che ritraggono l’artista con le sue opere e un video.


 Immagine della mostra “Pino Pascali” Fondazione Prada, MilanoFoto: Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada

La prima sezione analizza l’approccio con il quale Pascali ha realizzato le sue mostre dal 1965 al 1968, creando ambienti originali piuttosto che semplici selezioni di opere dal suo studio. La seconda parte esplora i suoi più significativi interventi in importanti mostre collettive di quegli anni e include i lavori degli artisti che hanno esposto insieme a lui. La terza sezione esamina l’interazione di Pascali con le sue sculture nelle fotografie scattate da Claudio Abate, Andrea Taverna e Ugo Mulas e come queste immagini suggeriscono fantasiose modalità di approccio al suo lavoro. La quarta sezione indaga l’utilizzo da parte di Pascali di materiali naturali e industriali, studiando la loro provenienza, il loro impiego in ambito commerciale, quali altri artisti ne hanno fatto uso e il loro sviluppo nel tempo. Queste quattro prospettive sul lavoro di Pascali aiutano a dimostrare la sua rilevanza per gli artisti contemporanei nonostante la sua breve carriera.

 


Immagine della mostra “Pino Pascali” Fondazione Prada, MilanoFoto: Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada

Pino Pascali (1935-1968) ha contribuito in modo significativo agli sviluppi della scena artistica italiana e internazionale del secondo dopoguerra. L’intento di questa mostra è approfondire il carattere innovativo della sua opera, specialmente in relazione alla produzione scultorea, che negli ultimi cinquant’anni ha avuto un impatto fondamentale su diverse generazioni di artisti e critici e continua ad attirare l’attenzione del pubblico internazionale.


 Immagine della mostra “Pino Pascali” Fondazione Prada, MilanoFoto: Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada

Come scrive Mark Godfrey nel testo pubblicato in catalogo, “Pascali ha esplorato il rapporto tra scultura ed elementi di scena e ha contrapposto scultura e oggetti d’uso. Ha creato opere che da lontano sembrano dei ready-made, ma che a uno sguardo ravvicinato si rivelano essere realizzate con materiali di recupero. Si interrogava sulle potenzialità di una scultura ‘finta’ o ‘simulata’. Intitolava le opere come fossero corpi solidi, strizzando l’occhio al suo pubblico, a sua volta consapevole che si trattava di volumi vuoti. Usava elementi naturali come la terra e l’acqua insieme a materiali da costruzione come l’eternit, e divideva i suoi mari e campi in unità modulari. Portava in studio nuovi prodotti di consumo e tessuti sintetici per creare animali, trappole e ponti. E se la complessità del suo approccio alla scultura è indiscutibile, il fattore che rende la sua pratica artistica così geniale e originale è un altro. Pascali è un artista sempre attuale perché era un ‘esibizionista’. […] Pascali comprendeva che gli artisti del dopoguerra dovevano dedicare altrettante energie all’attività espositiva quante quelle dedicate a rifinire le opere in studio”.



 Immagine della mostra “Pino Pascali” Fondazione Prada, MilanoFoto: Roberto Marossi Courtesy: Fondazione Prada

Un catalogo illustrato accompagna la mostra “Pino Pascali” includendo le immagini del percorso espositivo. Con il progetto grafico di Joseph Logan, la pubblicazione edita da Fondazione Prada presenta un’introduzione di Miuccia Prada, Presidente e Direttrice di Fondazione Prada, un saggio del curatore Mark Godfrey, testi degli autori, storici dell’arte e curatori internazionali Valérie Da Costa, Michele D’Aurizio, Eva Fabbris, Pia Gottschaller, Teresa Kittler e dell’artista Peter Fischli, oltre a ristampe di interviste e saggi di critici d’arte.

19/04/24

Maternità sociale


 Presso la galleria Simondi di Torino sta per concludersi la bella mostra delle opere di Flaminia Veronesi, curata da Andrea Lerda, un bel progetto che guarda alla dimensione femminile che desidera superare le consuetudine culturali per proporre sensibilità nuove e libere. 












18/04/24

Straordinaria

Straordinaria, we+, Elica e Fondazione Ermanno Casoli per Fuorisalone 2024, Palazzo Litta, Milano. ©Antinori


In questi giorni milanesi del Fuori Salone del Mobile sono tantissimi gli eventi che si muovono fra gesto artistico e design, ma uno che ci ha colpito particolarmente è quello proposto dalla 
Fondazione Ermanno Casoli, con la collaborazione di Elica, azienda all’avanguardia nella produzione di elettrodomestici, che ospita l' installazione site-specific dello studio giapponese we+ nella corte del Palazzo Litta. 



CS

Straordinaria si ispira alla leggerezza delle nuvole, creando un flusso continuo nell’alternanza di toni che evocano l’aria e il calore, elementi naturali e fortemente identitari per Elica. L’unione armonica di spazio e materia evoca l’idea di movimento e di conseguente trasformazione, esortando gli spettatori ad assumere un ruolo attivo esplorando e interagendo in modo coinvolgente con l’installazione.

“La sperimentazione è un valore che la FEC condivide con Elica – spiega Marcello Smarrelli – e si riflette nella volontà di cercare sempre lo straordinario nell’ordinario. L’installazione realizzata da we+ incarna perfettamente questa visione, esprimendo l’attenzione che da sempre rivolgiamo alle nuove tecnologie applicate alla ricerca estetica”.

17/04/24

Rifrazioni da San Luca

 


Presso  l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma è in corso la mostra "Rifrazioni. 15 curatori x 15 artisti", ideata da Marco Tirelli, Presidente dell’Accademia, con il coordinamento scientifico di Massimo Mininni, storico dell’arte e curatore, e Barbara Reggio, curatrice interna all’Accademia.

Nell’ambito della mostra si terrà il ciclo di performance Archetipi a cura di Bartolomeo Pietromarchi, che si svolgerà nel Salone d’Onore di Palazzo Carpegna.

“Fin dalla sua costituzione, alla fine del Cinquecento, l’Accademia di San Luca è stata ideata come sodalizio di artisti e architetti che, sulla propria autonomia e indipendenza, ha costruito il suo prestigio e il suo carisma. A tutt’oggi l’Accademia elabora il proprio percorso basandosi sulla volontà esclusiva degli artisti, degli architetti e degli storici che la compongono” - afferma Marco Tirelli - “È in questa luce, ed è proprio il caso di usare questa espressione, che dobbiamo intendere questa mostra, che non ha nessuna pretesa di offrire una panoramica esaustiva di quanto avviene oggi nell’arte contemporanea, ma senz’altro può essere intesa come tappa di un percorso di indagine che continuerà nel tempo”.

Il progetto espositivo ha coinvolto quindici curatori - di generazioni diverse e ambiti critici eterogenei, tra i più attenti e riconosciuti, anche a livello internazionale, con un’esperienza maturata nella curatela di mostre presso istituzioni pubbliche e private – nel proposito di restituire uno spaccato diversificato e sfaccettato del panorama artistico contemporaneo, ponendo un’attenzione particolare alle più recenti ricerche.

Paolo Icaro,  Sottosopra 2024

A loro volta i quindici curatori hanno individuato quindici artisti che hanno elaborato una propria interpretazione degli spazi dell’Accademia, includendo i luoghi dove normalmente si svolgono attività di studio, ricerca, socializzazione ed esposizione. Le opere contemporanee verranno così disseminate negli spazi storici di una delle accademie più antiche d’Europa, intesa come “Casa degli Artisti”, un dialogo che intende ritornare sul topos del rapporto passato-presente, guardando ai molteplici e frammentati linguaggi della modernità.

Maria Alicata presenta Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975); Lorenzo Benedetti presenta Catherine Biocca (Roma, 1984); Gaia Bobò presenta Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017); Cecilia Canziani presenta  Chiara Camoni (Piacenza, 1974); Stefano Chiodi presenta Lulù Nuti (Levallois-Perret, Francia, 1988); Lara Conte presenta Paolo Icaro (Torino, 1936); Ilaria Gianni presenta Patrizio di Massimo (Jesi, 1983); Davide Ferri presenta Pieter Vermeersch (Kortrijk,  Belgio, 1973); Matteo Lucchetti presenta Victor Fotso Nyie (Douala, Camerun, 1990); Vittoria Martini presenta Ludovica Carbotta (Torino, 1983); Pier Paolo Pancotto presenta Claire Fontaine (James Thornhill e Fulvia Carnevale – artista collettiva dal 2004); Cristiana Perrella presenta Jacopo Benassi (La Spezia, 1970); Spazio Taverna presenta TOILETPAPER; Paola Ugolini presenta Silvia Giambrone (Agrigento, 1981); Saverio Verini presenta Giovanni Termini (Assoro, 1972).


Jacopo Benassi Opus est , 2024

Il ciclo di performance Archetipi si svolgerà nel Salone d’Onore di Palazzo Carpegna, secondo un programma che si concentra sul significato di questa particolare espressione artistica, partendo dal concetto di “archetipo”, che Bartolomeo Pietromarchi, curatore della rassegna, così riassume: “Gli archetipi compaiono nei miti, nelle religioni, ma anche nei sogni; formano categorie simboliche che strutturano culture e mentalità e orientano il soggetto verso la sua evoluzione interiore. Gli archetipi sono fondamentalmente caratterizzati dal fatto che uniscono un simbolo a un'emozione. Gli archetipi incarnano nella mente depositi permanenti di esperienze ripetute continuamente per generazioni, immagini primordiali condizionate dall'immaginario e dalla rappresentazione”.  Gli artisti invitati sono Monica Bonvicini (Venezia, 1965), alla quale si aggiunge la partecipazione straordinaria di Silvia Calderoni, Anna Franceschini (Pavia, 1979), Eva e Franco Mattes (sodalizio della seconda metà degli anni Novanta), Nico Vascellari (Vittorio Veneto, 1976).

Durante il periodo dell’esposizione, che durerà fino al 28 Giugno verrà organizzata una serie di incontri con le coppie curatori-artisti, coinvolte nella mostra e nelle quattro performance.

In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo (Edizioni ELECTA), con l’introduzione di Marco Tirelli, i testi dei curatori e le foto della mostra.


Silvia Giambrone Security Blanket 2022

16/04/24

Prossimamente Manifesta

 
Immagine: Can Trinxet, L'Hospitalet de Llobregat. Foto © Manifesta 15 Barcellona Metropolitana | Helena Roig

Nuovi dettagli da Manifesta 15 che si svolgerà a Barcellona, Barcellona, Badalona, Cornellà de Llobregat, El Prat de Llobregat, Granollers, L'Hospitalet de Llobregat, Mataró, Sabadell, Sant Adrià de Besòs, Sant Cugat del Vallès, Santa Coloma de Gramenet e Terrassa. Ci sarà un ampio ampio programma biennale decentrato incentrato sull'espansione del dinamico ecosistema culturale della regione metropolitana di Barcellona in 12 città per 12 settimane.


CS

Manifesta 15 Barcelona Metropolitana, the European Nomadic Biennial, will open its 15th edition from the 8th of September until the 24th of November 2024. Known for its innovative approach to exploring urgent global issues through culture, this edition of Manifesta will shift to operating in a regionalised approach with a focus on how citizens can become more proactive in stimulating a socio-ecological transition in Catalonia. 

For the first time in its history, Manifesta is operating in a decentralised manner in its geographical approach, as well as its curatorial and thematic methodology.  Manifesta 15 is developing its cultural projects and interventions across 12 Catalan cities together with an array of artistic representatives from the metropolitan region. The majority of the selected Manifesta 15 participants base their practices around ecological questions and socio-historical issues. Each participant is invited to work on a site-specific topic within the biennial conceptual framework. The Artistic Team has encouraged participants to delve into local archives, oral histories, and private and public genealogies to collectively question how local histories, colonialism and climate injustices were and still are interrelated.  


The Three Clusters

The 78 days programme of Manifesta 15 is developed across three thematic clusters in the metropolitan region. The nodes of the Besòs, the Llobregat delta and Collserola mountain range and Vallès area, function as symbolic looking glasses to the rest of the Europe. These are the areas that geographically delimit the city and where the great future urban transformations will take place. A specially composed programme consisting of Manifesta 15 Focus Weeks and a traveling Mobile Structure will connect the 12 metropolitan cities and put each city into the spotlight. 

The Manifesta 15 clusters bring together a variety of social and ecological projects by local and international artistic voices at multiple venues in multiple cities around three leading themes of the biennial: Balancing Conflicts, Cure and Care and Imagining Futures. The journey of each cluster commences at an extraordinary historical venue which symbolises its overarching theme. The Manifesta 15 all-inclusive ticket, which will go on sale at the end of May 2024 for the price of 15 euros, encourages visitors to explore all three clusters and all 12 cities, as it is valid for the entire duration of the biennial and for all the Manifesta 15 venues.  


Participants

The Manifesta 15 Artistic Team composed by Hedwig Fijen, the director of Manifesta 15, includes Filipa Oliveira, Manifesta 15’s Creative Mediator and 11 artistic representatives; Ariadna Amat Garcia (Badalona), Penélope Cañizares Bellido (Cornellà de Llobregat), Cristina Castells Tort (El Prat de Llobregat), Raquel Morcillo (Granollers), Mireia Mascarell (L’Hospitalet de Llobregat), Gisel Noè (Mataró), Óscar Abril Ascaso (Sabadell), David Linares Ramos (Sant Adrià de Besòs), Joan González Cano (Santa Coloma de Gramenet), Andreu Dengra Carayol, (Sant Cugat del Vallès), Imma Vilches García (Terrassa). 

Together, the Artistic Team is working on a programme spread across 16 venues and within public spaces throughout the region. Of the 43 participants announced today, 29 will present newly conceived work made especially for Manifesta 15. We are proud to highlight that 55% of the participants are local or based locally, further strengthening Manifesta 15’s approach to amplify regional voices reflecting upon the metropolitan landscape. Please refer to Annexe 1 to view the preliminary participant list.  

As participants engage with the biennial's conceptual framework, they are invited to confront the systemic injustices perpetuated by colonialism, capitalism, and patriarchy. Through critical dialogue and artistic expression, Manifesta 15 fosters empathy, solidarity and collective action, challenging individuals to confront their complicity in systems of oppression, envision pathways toward liberation and imagine possible new futures. Filipa Oliveira, Manifesta 15 Creative Mediator 


Archival presentation at the Gustavo Gili

Over the past two years, Manifesta 15 Barcelona Metropolitana has worked on a wide range of research projects delving into the region's shared historical memories, genealogies, stories and educational practices. These research projects have been developed into a multi-formatted project which challenges dominant narratives and unearths subaltern perspectives, enriching our understanding of the region's history. The archives hold significance on multiple levels – mental, material, spiritual, and historical from unheard voices and activation by diverse groups in society.  

Housed at Manifesta 15’s headquarters Gustavo Gili during the biennial period, Manifesta’s director Hedwig Fijen has brought together different archival specialists to question the official narratives and open doors to a greater plurality. Spanish author and Princeton professor Germán Labrador will analyse the impact of the Spanish Civil War and Franco's rule on cultural and social development. Researcher, curator and founder of Radio Africa, Tania Safura Adam will revise collective memory through a "black archive" exhibition, podcast, and Biblioteca Anticolonial materials, reflecting the history of the metropolis from black perspectives. Lastly the Manifesta 15 Education Department presents research on Catalan educational renewal movements, highlighting the impact of education and pedagogy on social transformation.  


Manifesta 15 Education Programme: Fora per fer escola

Manifesta’s Education and Mediation programme emerges from collaborative research with local actors, exploring overlooked aspects of educational and cultural histories that help envisioning alternative futures. In Manifesta 15, the research centres on Catalan progressive educational movements, both prior to and following the Franco dictatorship, employing artistic research, mediation, public programming and professional networks. It aims to illuminate ideas and practices that can contribute to contemporary pedagogical and eco-social transformations, aligning with the biennial’s overarching themes: Balancing Conflicts, Cure and Care and Imagining Futures. 

Entitled “Fora per fer escola” this inititive consolidates various projects forming the biennial's education and mediation programme. Translated from Catalan, the title embodies multiple significant dimensions: the idea of taking education outdoors, setting precedents and being expelled for creating a school. Drawing from the histories of Escola de Bosc, Escola del Mar, Vil·la Joana, Batec teachers collective and Escoles en Lluita, the programme includes four artistic projects, alongside archival research to be presented in the Gustavo Gili. Moreover, the programme has initiated professional networking projects such as Teachers Camps and the Territorial Working Group, along with an extensive mediation programme.  

In imagining a more just and sustainable future, Manifesta 15 will close the biennial in November 2024 with an Open Forum that investigates how best practices for a bottom up, decentralised cultural ecosystem have been built and tested by Manifesta 15 and can shape an alternative eco-social Magna Carta, an idea by Sergio Pardo, Manifesta 15’s first Creative Mediator, for the future of the metropolitan region.